Elaborazione del dolore

Si parla spesso di “elaborazione del dolore”, riferito ad una fase determinante per il superamento dello stesso. Di fatto, il dolore che non passa per questa fase resta inalterato all’interno della psiche, avvelenando in continuazione dapprima l’emotivo e poi anche finendo per alterare anche il livello fisico.

In molti romanzi, film e trattati di psicologia si fa riferimento a questo fatto, ma spesso quasi esclusivamente riguarda ad eventi traumatici importanti, quando la mente annulla o ferma completamente un processo perché troppo pesante da reggere.

Anche nel caso di morte di qualcuno a noi caro, è risaputo che il mancato ritrovamento del corpo rappresenta un ulteriore, gravissimo problema, un ostacolo spesso quasi insormontabile al superamento della sofferenza.

Spesso, nemmeno la religione o la fede riescono a risolvere l’empasse che prosegue inesorabile all’interno della nostra mente che, da elaboratore sofisticato qual è, non riesce ad uscire da un circolo vizioso che spesso porta addirittura ad un crollo del sistema.

ELABORAZIONE DOLORELa mancanza di una vera comprensione determina sempre l’impossibilità di superare completamente il trauma, anche se meno grave della morte. Nel caso di una relazione sentimentale interrotta bruscamente, ad esempio, senza confronti o spiegazioni (il marito che va a prendere le sigarette e scappa con l’amante senza una parola di spiegazione, per intenderci); chi subisce l’evento non riesce a farsi una ragione dell’accaduto e può entrare in un loop mentale potenzialmente anche molto dannoso.

Anche la negazione del fatto rappresenta un serio ostacolo al superamento del dolore. Se chi genera la sofferenza nega la propria responsabilità o addirittura la attribuisce a fattori esterni, questo impedisce a chi soffre di produrre quel distacco e quella comprensione che gli sarebbero indispensabili per porre fine alla questione, qualcosa di molto difficile da mettere in atto in questo caso perché occorre la forza d’animo di produrre il distacco al proprio interno, come la comprensione del fatto, senza far leva sulla logica degli eventi o sullo stato evidente delle cose.

La cosa sicura è che ogni comportamento non chiaro in sé, la fuga dalle responsabilità personali per mancanza di coraggio o per amore del quieto vivere sono fonte certa di maggior sofferenza in quanto impediscono la corretta elaborazione del dolore.

Comprendere resta l’atto fondamentale per il superamento della sofferenza. Fino a che l’attore principale rimane la mente, che continua ad affliggersi nella vana ricerca di un perché che non è in grado di trovare, andare oltre il dolore è quasi impossibile ed il più delle volte si resta bloccati sui momenti passati senza poter accettare che non ce ne saranno altri simili.

Ecco perché in questi casi può essere impagabile l’aiuto di uno specialista che possa consentire il passaggio di comprensione e la conseguente pacificazione o riconciliazione interna.

Potrà anche essere vero che ciò che non ci uccide ci rafforza, ma è altrettanto vero che una sofferenza mal compresa e non superata, pur non provocando la morte se non in casi eccezionali, può produrre patologie anche serie in chi la subisce suo malgrado, un po’ come un veleno invisibile che, lento ma inesorabile, lo intossica progressivamente.

Catherine Bellwald

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