Pausa caffè: trasformiamola

coffee_1634335cDurante la pausa caffé, non occorre davvero prendersi un caffé o altre bevande in compagnia. Potrebbe essere più efficace, fare una brevissima passeggiata richiamando alla memoria una circostanza della vita in cui siamo stati davvero bene.

 

La pausa caffè è quel momento in cui tutti noi, impegnati nella normale vita lavorativa, “stacchiamo” temporaneamente.

Le scuse per farlo non mancano ma di solito la più utilizzata è quella del caffè: il ricorso all’immancabile distributore è forse il modo più usato per effettuare una pausa ma le conseguenze alla fine sono deleterie: troppa caffeina e comunque un vero stacco non c’è, dato che il più delle volte si continua a permanere nello stesso ambiente psicologico, e gli argomenti non si discostano di molto da quelli abituali.

La realtà è che non dovremmo avere bisogno di una scusa per allontanarci dal posto di lavoro, dato che anche a livello legislativo e salutistico in genere, la cosa è non solo consigliata ma in molti paesi addirittura inserita nelle linee guida per la salute del lavoratore (tranne in Italia dove una recente sentenza del TAR ha tolto anche questo riconoscimento).

Possiamo semplicemente alzarci dalla nostra sedia, prendere il cappotto e il giubbotto e uscire dall’edificio senza temere conseguenze: quattro passi in strada, per quanto in una città con le sue problematiche di inquinamento, sono sempre meglio di due passi nel corridoio.

Basta spostarsi dal luogo in cui si stanzia per tutto il tempo: anche una semplice visita a qualche collega del piano superiore o inferiore è pur sempre qualcosa.

E se riusciamo a trovare una zona che ci conceda un minimo di tranquillità, fermiamoci. Interrompiamo il flusso di pensieri dedicato al lavoro e proviamo per un attimo a pensare a qualcosa di più piacevole: la famiglia, i figli o l’ultimo luogo in cui siamo stati in vacanza. Alla fine il modo non conta, l’importante è staccare mentalmente, per così dire “allontanarsi” da quello che facciamo abitulmente.

Dobbiamo iniziare ad allontanarci dalla logica frenetica e impersonale  in cui il lavoro ci immerge oggigiorno. E cominciare a pensare che quando cambiamo qualcosa interiorimente, i sensi di colpa è meglio lasciarli in un cassetto, magari assieme alla cucitrice: hanno la stessa valenza; sono poco utili e val la pena usarli davvero solo una volta ogni tanto.

In pratica

La prossima volta che ci troviamo in un luogo piacevole, ad esempio in vacanza, creiamo un’immagine mentale e sensoriale quanto più perfetta possibile. Includiamo anche le nostre emozioni in questo ricordo. Prendiamo atto dei profumi ma anche della temperatura dell’aria, di quello che vediamo ma anche di quello che stiamo provando in quel preciso momento. Una specie di fotografia plurisensoriale ed emotiva al contempo.

Conserviamo questa fotografia al nostro interno, fin tanto che ci troviamo in questa situazione ideale, rafforziamola richiamandola alla memoria fintanto che è possibile permanere nella situazione. Sovrapponiamo il ricordo a quello che davvero viviamo.

Poi, a distanza di settimane o mesi, quando vogliamo staccare, torniamo lì. Ripeschiamo l’intera situazione alla memoria, completa di tutto: stimoli sensoriali, emotivi e percettivi.

Non serve molto; basta un momento. E siamo in vacanza!

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