Matematica del cambiamento: i flessi della vita e il sogno lucido

Matematica del cambiamentoC’è sempre un punto nella vita in cui gli eventi “prendono una piega diversa”. A priori non è possibile capire quando questo può avvenire; a volte, a prezzo di un certo sforzo, è possibile individuare un punto, un momento del passato che determina l’istante di svolta prima del quale le cose erano in un certo modo e dopo il quale le cose sono cambiate.

Il cambiamento è insito nella genetica stessa della vita: nulla rimane mai uguale a se stesso, dal microcosmo al macrocosmo. Quello che cambia, tutt’al più, è la percezione della scala temporale in cui un cambiamento avviene. E questa percezione, a dispetto dell’egocentrismo umano, è dipendente dalla scala dimensionale relativa all’osservatore.

Eventi macrocosmici sono immediati se visti dal punto di vista, ad esempio, di una stella, mentre sono lentissimi dal punto di vista, sempre per fare un esempio, di un essere umano.

Quello che accade, in realtà, è quasi sempre associabile ad un simbolico grafico di funzione, in cui l’andamento generico della curva rappresenta il normale fluire degli eventi, mentre il cosiddetto punto di flesso è la rappresentazione del momento in cui le cose cessano di essere come prima.

Il cambiamento può anche essere repentino ma, nella quasi totalità dei casi, tale repentinità è legata alla nostra inconsapevolezza delle “condizioni al contorno”, ovvero dello schema generale all’interno del quale avviene il processo di cui il cambiamento osservato fa parte.

Il cambiamento segue sempre un andamento, detto “legge del sette” o “legge dell’ottava”, che ne assicura tra le altre cose l’esistenza come entità irrinunciabile, come forza incoercibile di questo universo.

È il fattore che permette alla pioggia di iniziare a scendere o di smettere di infradiciarci, lo stesso che determina l’insorgere di una malattia o il cessare della stessa.

percepire il cambiamentoTante volte il cambiamento ci prende di sorpresa, ci fa dire: “…e chi lo poteva immaginare!“. Ma la realtà è che la possibilità di avvertire l’appropinquarsi di un cambiamento dipende solo dalla nostra consapevolezza, dalla nostra capacità di percepire l’accumularsi di quelle forze che, alla base di un processo, ne determinano lo sviluppo.

Nell’arco di svolgimento di un processo, infatti, esistono tre fasi: l’accumulo, il cambiamento e la distensione, alla stessa stregua di una molla che si comprime, raggiunge il massimo di contrazione in un singolo istante, rimane per un infinitesimo lasso di tempo immobile e in quello successivo rilascia tutta la sua energia potenziale distendendosi nella sua lunghezza.

Meno la nostra consapevolezza è in grado di cogliere la prima fase e più saremo sorpresi dall’esplosione successiva. Non è solo una questione mentale, è più un’attitudine dei visceri, qualcosa che si avverte all’interno, come una tensione che va accumulandosi in qualche zona isolata della nostra percezione. Ignorarla può essere fatale, contrastarla è senz’altro inutile.

Quello che possiamo fare è invece favorire il processo in modo da trarre il massimo vantaggio da un cambiamento che, di per sè, non è ne buono ne cattivo, ma che può rivelarsi di estremo vantaggio oppure, al contrario, di totale danno nei nostri confronti.

Per prima cosa occorre distinguere la percezione di un cambiamento prossimo dalle nostre paure, che ci producono una sensazione di fatto molto simile. Quando percepiamo “l’avvicinarsi di una tempesta” infatti, non sempre si tratta di percezione della fase di accumulo; molto più spesso sono le nostre paure che, per qualche motivo, si sono messe a dar bella mostra di sé.

La seconda cosa da fare è cercare di capire quanto manca al sopracitato “punto di flesso”, ovvero al momento culmine del cambiamento. L’andamento di un’ottava prevede, subito prima e subito dopo il punto esatto di cambiamento, un breve periodo di stasi, di relativa tranquillità. Prevedere il punto di flesso non è semplice. Quello che possiamo fare, però, è percepire quell’intervallo di strana tranquillità che segue immediatamente un periodo di accumulo. Se riusciamo a coglierne l’essenza, allora quello è il segno inequivocabile che il punto di flesso è alle porte.

In questo momento abbiamo due scelte: seguire il processo linearmente, ovvero lasciarci andare ad esso e quindi semplicemente lasciarci trascinare dalla corrente degli eventi (ma senza annegare in essi), oppure applicare uno shock, una sorta di forza trasversale che, perdonate il gioco di parole, cambi il cambiamento.

Questo non vuol dire contrastare il processo ma “semplicemente” trasferirlo su un altro livello, ovvero deviarlo in una direzione desiderata e precisa. Inutile dire che questo secondo caso è assai più difficile da mettere in atto.

In entrambe le versioni, lavorare in questi termini sul fluire degli eventi produce diversi vantaggi: il primo è quello di non farsi sorprendere dagli eventi ma, al contrario, di prenderne parte attiva per comprendere quello che ci accade intorno. Il secondo è che, comunque vadano le cose, al termine del processo saremo stati agenti del cambiamento e non agiti da esso, col risultato di aver raccolto una quantità di energia insospettabile che ci verrà utile subito dopo.

Un concetto sicuramente non facile da digerire ma che, dopo le inevitabili sperimentazioni, può sostanzialmente cambiare la vita di ciascuno di noi.

In pratica:

Per abituarci ad un’osservazione utile a quanto detto sopra, occorre esercitarsi prima su cambiamenti il cui processo sia noto. L’esempio più banale è quello dell’atto di addormentarsi. Possiamo quindi cercare di stare attenti a quello che ci accade nei momenti precedenti al nostro addormentamento, semplicemente ricordandoci di osservare quello che accade al nostro interno dal momento in cui spegniamo la luce sul comodino alla sera. Scopriremo che il sonno sopraggiunge davvero come un ladro nella notte, insorgendo dapprima piano e poi travolgendo le nostre capacità cognitive. Ma vi sarà un punto, se riusciamo a mantenerci vigili abbastanza a lungo, in cui sembrerà che il sonno svanisca. Se stiamo attenti, scopriremo che quello è l’ultimo nostro momento di veglia. In quel preciso punto è possibile esercitare la volontà per mantenerci lucidi anche dopo essersi addormentati.

È una delle tecniche di base per produrre il cosiddetto “sogno lucido” ovvero un sogno in cui si è consapevoli di stare sognando e si ha la possibilità di influire direttamente sull’andamento del sogno stesso.

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